domenica 14 giugno 2015


LA VOCAZIONE E' UN "ESODO" DA SE' VERSO DIO E I POVERI: una riflessione di Papa Francesco.




[...] Vorrei riflettere proprio
su quel particolare “esodo” che è la vocazione, o, meglio, la nostra

risposta alla vocazione che Dio ci dona.
Quando sentiamo la parola “esodo”, il nostro pensiero va subito agli inizi
della meravigliosa storia d’amore tra Dio e il popolo dei suoi figli, una
storia che passa attraverso i giorni drammatici della schiavitù in Egitto, la
chiamata di Mosè, la liberazione e il cammino verso la terra promessa. Il
libro dell’Esodo – il secondo libro della Bibbia –, che narra questa storia,
rappresenta una parabola di tutta la storia della salvezza, e anche della
dinamica fondamentale della fede cristiana. Infatti, passare dalla schiavitù
dell’uomo vecchio alla vita nuova in Cristo è l’opera redentrice che
avviene in noi per mezzo della fede (Ef 4,22-24). Questo passaggio è un
vero e proprio “esodo”, è il cammino dell’anima cristiana e della Chiesa
intera, l’orientamento decisivo dell’esistenza rivolta al Padre.
Alla radice di ogni vocazione cristiana c’è questo movimento
fondamentale dell’esperienza di fede: credere vuol dire lasciare sé stessi,
uscire dalla comodità e rigidità del proprio io per centrare la nostra vita in
Gesù Cristo; abbandonare come Abramo la propria terra mettendosi in
cammino con fiducia, sapendo che Dio indicherà la strada verso la nuova
terra. Questa “uscita” non è da intendersi come un disprezzo della
propria vita, del proprio sentire, della propria umanità; al contrario, chi si
mette in cammino alla sequela del Cristo trova la vita in abbondanza,
mettendo tutto sé stesso a disposizione di Dio e del suo Regno. Dice
Gesù: «Chiunque avrà lasciato case, o fratelli, o sorelle, o padre, o madre,
o figli, o campi per il mio nome, riceverà cento volte tanto e avrà in
eredità la vita eterna» (Mt 19,29). Tutto ciò ha la sua radice profonda
nell’amore. Infatti, la vocazione cristiana è anzitutto una chiamata
d’amore che attrae e rimanda oltre sé stessi, decentra la persona, innesca
«un esodo permanente dall’io chiuso in sé stesso verso la sua liberazione
nel dono di sé, e proprio così verso il ritrovamento di sé, anzi verso la
scoperta di Dio» (Benedetto XVI, Lett. Enc. Deus Caritas est, 6).
L’esperienza dell’esodo è paradigma della vita cristiana, in particolare di
chi abbraccia una vocazione di speciale dedizione al servizio del Vangelo.
Consiste in un atteggiamento sempre rinnovato di conversione e
trasformazione, in un restare sempre in cammino, in un passare dalla
morte alla vita così come celebriamo in tutta la liturgia: è il dinamismo
pasquale. In fondo, dalla chiamata di Abramo a quella di Mosè, dal
cammino peregrinante di Israele nel deserto alla conversione predicata
dai profeti, fino al viaggio missionario di Gesù che culmina nella sua morte
e risurrezione, la vocazione è sempre quell’azione di Dio che ci fa uscire
dalla nostra situazione iniziale, ci libera da ogni forma di schiavitù, ci
strappa dall’abitudine e dall’indifferenza e ci proietta verso la gioia della
comunione con Dio e con i fratelli. Rispondere alla chiamata di Dio,
dunque, è lasciare che Egli ci faccia uscire dalla nostra falsa stabilità per
metterci in cammino verso Gesù Cristo, termine primo e ultimo della
nostra vita e della nostra felicità.
Questa dinamica dell’esodo non riguarda solo il singolo chiamato, ma
l’azione missionaria ed evangelizzatrice di tutta la Chiesa. La Chiesa è
davvero fedele al suo Maestro nella misura in cui è una Chiesa “in uscita”,
non preoccupata di sé stessa, delle proprie strutture e delle proprie
conquiste, quanto piuttosto capace di andare, di muoversi, di incontrare i
figli di Dio nella loro situazione reale e di com-patire per le loro ferite. Dio
esce da sé stesso in una dinamica trinitaria di amore, ascolta la miseria
del suo popolo e interviene per liberarlo (Es 3,7). A questo modo di essere
e di agire è chiamata anche la Chiesa: la Chiesa che evangelizza esce
incontro all’uomo, annuncia la parola liberante del Vangelo, cura con la
grazia di Dio le ferite delle anime e dei corpi, solleva i poveri e i bisognosi.
Cari fratelli e sorelle, questo esodo liberante verso Cristo e verso i fratelli
rappresenta anche la via per la piena comprensione dell’uomo e per la
crescita umana e sociale nella storia. Ascoltare e accogliere la chiamata
del Signore non è una questione privata e intimista che possa confondersi
con l’emozione del momento; è un impegno concreto, reale e totale che
abbraccia la nostra esistenza e la pone al servizio della costruzione del
Regno di Dio sulla terra. Perciò la vocazione cristiana, radicata nella
contemplazione del cuore del Padre, spinge al tempo stesso all’impegno
solidale a favore della liberazione dei fratelli, soprattutto dei più poveri. Il
discepolo di Gesù ha il cuore aperto al suo orizzonte sconfinato, e la sua
intimità con il Signore non è mai una fuga dalla vita e dal mondo ma, al
contrario, «si configura essenzialmente come comunione missionaria»
(Esort. ap. Evangelii gaudium, 23).
Questa dinamica esodale, verso Dio e verso l’uomo, riempie la vita di
gioia e di significato. Vorrei dirlo soprattutto ai più giovani che, anche per
la loro età e per la visione del futuro che si spalanca davanti ai loro occhi,
sanno essere disponibili e generosi. A volte le incognite e le
preoccupazioni per il futuro e l’incertezza che intacca la quotidianità
rischiano di paralizzare questi loro slanci, di frenare i loro sogni, fino al
punto di pensare che non valga la pena impegnarsi e che il Dio della fede
cristiana limiti la loro libertà. Invece, cari giovani, non ci sia in voi la paura
di uscire da voi stessi e di mettervi in cammino! Il Vangelo è la Parola che
libera, trasforma e rende più bella la nostra vita. Quanto è bello lasciarsi
sorprendere dalla chiamata di Dio, accogliere la sua Parola, mettere i
passi della vostra esistenza sulle orme di Gesù, nell’adorazione del
mistero divino e nella dedizione generosa agli altri! La vostra vita
diventerà ogni giorno più ricca e più gioiosa!
La Vergine Maria, modello di ogni vocazione, non ha temuto di
pronunciare il proprio “fiat” alla chiamata del Signore. Lei ci accompagna
e ci guida. Con il coraggio generoso della fede, Maria ha cantato la gioia di
uscire da sé stessa e affidare a Dio i suoi progetti di vita. A lei ci rivolgiamo
per essere pienamente disponibili al disegno che Dio ha su ciascuno di
noi; perché cresca in noi il desiderio di uscire e di andare, con
sollecitudine, verso gli altri (cfr Lc 1,39). La Vergine Madre ci protegga e
interceda per tutti noi.


(Dal Messaggio per la 52.ma Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni 29 marzo 2015)

Nessun commento:

Posta un commento