OGNI VOCAZIONE PORTA IN SE' L'ESIGENZA DELL'AMORE: una riflessione al termine del V centenario dalla nascita di S. Teresa D'Avila.
La parola “amore” non
indica solo i sentimenti, ma la profondità autentica che ci
trascende. Così è descritto l'amore vero nell'Imitazione di Cristo:
“ Chi ama vola, corre in letizia, è libero e da nulla è
trattenuto. Dà ogni cosa per il Tutto e possiede il Tutto in ogni
essere creato, perchè trova la sua pace in quell'unico essere
supremo, dal quale sgorga e procede tutto ciò che è buono. L'amore
spesso non conosce misura, ma brucia oltre ogni misura. All'amore
niente pesa; esso non tiene conto delle fatiche; anela a fare più di
quanto gli permettono le forze, non porta mai la scusa
dell'impossibilità... chi ama intende bene il significato di questo
linguaggio... L'amore non cerca mai se stesso. Quando infatti uno
cerca se stesso, allora cessa di amare”. (Imitazione di Cristo,
Libro III, cap. V)
La piccola Teresa di
Lisieux comprese bene il significato vero dell'amore e per esso diede
tutta se stessa; solo l'amore era la sua unica ambizione: “Le grate
del Carmelo non sono fatte per separare i cuori che si amano in Gesù,
servono piuttosto a rendere più forti i vincoli che li uniscono”.
Che mistero si cela
dietro queste grate che rendono i cuori più uniti in Gesù? La
monaca carmelitana è chiamata essenzialmente ad una vita d'amore
vivendo all' interno di queste “grate” una vita di intima unione
con Dio. Ma l'unione con Dio, come sappiamo, non può essere
astrazione dalla realtà, perchè Dio essendo Amore a sua volta
conduce tutti coloro che lo amano all'amore verso ed autentico.
L'amore quindi è una chiamata universale, ma che trova giusta
intensità e diffusione in chi è chiamato a vivere una vita di
intima unione con Lui. L'anima che conduce una vita contemplativa
percorre un cammino di interiorità verso la “cella” più interna
del suo essere, dove risiede Dio. Questo è il percorso fatto da
molti santi, i quali all'interno dei propri monasteri, si sono
“nascosti con Cristo in Dio”, lottando con se stessi dure
battaglie, senza perdere di vista l'esigenza dell'amore. Santa Teresa
d'Avila, maestra di questo meraviglioso cammino interiore è di
esempio testimoniando con la sua vita il “compito” del
monastero... Ella parla della vita di ogni singolo membro come quella
di un baco da seta. Ma possiamo immaginare pure il monastero come un
grande bozzolo nel quale camminano persone chiamate allo stesso
cammino. Nei bozzoli i bachi si rinchiudono per morirvi e dallo
stesso bozzolo viene fuori una farfalla bianca. Per Teresa il baco
non è altro che l'anima la quale comincia ad avere vita solo quando
è scaldata dal fuoco dello Spirito Santo. L'anima può scaldarsi
solo quando comincia a mettere da parte il suo amor proprio, grande
ostacolo al vero amore con tutto ciò che ne segue... Questo vuol
dire essere sposa di Cristo: nascondersi in Lui, fondersi con Lui per
essere una sola carne e dire con S. Paolo: “Non sono più io che
vivo, ma Cristo vive in me”. In questo il monastero è quel luogo
dove si può attuare questo continuo lavorìo interiore alternando la
preghiera all'opera e l'opera alla preghiera. La fede senza l'opera è
morta in se stessa. La Madre Ss.ma nostra Sorella nel Carmelo, non
esitò dopo aver ricevuto l'annuncio dell'angelo ad “alzarsi ed
andare in fretta verso la montagna”. Quando Dio opera grandi cose
nell'anima nostra non si può rimanere inattivi poiché ogni Suo
intervento d'amore nel nostro cuore diventa vita vera e feconda. S.
Teresa raccomanda alle sue sorelle ed ancor oggi ad ogni monaca
carmelitana: “E' per noi molto importante esaminare con grande
attenzione come ci comportiamo a questo riguardo poiché, se
osserviamo il precetto perfettamente, tutto è fatto. Credo che per
la miseria della nostra natura, non arriveremo mai ad avere un
perfetto amore del prossimo se non a condizione che nasca dalla
radice dell'amor di Dio” (Castello Interiore, Quinte Mansioni, 3,
9). Ma l'anima non si rende conto di questa trasformazione, opera
semplicemente perchè ama con tutta se stessa con spontaneità. Può
forse una mamma gloriarsi dell'amore per la sua creatura? L'amore per
il proprio bambino è spontaneo, naturale. Così è per la sposa di
Cristo, amando Lui ella ama trasformandosi di giorno in giorno nello
Sposo Divino. Tale trasformazione apre alla fecondità. Gesù stesso
nel Vangelo ci dice: “Se il chicco di grano caduto in terra non
muore, rimane solo; se muore invece, porta molto frutto”. (Gv 12,
24)
Essere morte al mondo non
vuol dire quindi “distaccarsi dal mondo”, ma morire a quanto di
“mondo” c'è nel proprio essere che conduce alla morte, perchè
una vita priva d'amore è priva della vita stessa. Il Carmelo quindi,
per la monaca, ha la funzione di un piccolo “bozzolo”. Lì
“chiusa e nascosta” muore a se stessa per risorgere giorno dopo
giorno trasformata di divina luce. Gesù ci dice che per Lui è
fratello, sorella e madre, chi compie la volontà di Dio
uniformandosi nell'amore con Lui. Questo è stato il tessuto di vita
della Beata Vergine Maria, Sorella, Sposa e Madre perfetta di Gesù:
Ha dato tutta se stessa svuotandosi di se stessa morendo con Lui fin
sotto la Croce. Lì Ella ha mostrato il Suo amore per l'intera
umanità poiché la certezza della redenzione le infondeva coraggio
rimanendo salda e forte nella fede attendendo la risurrezione. E'
divenuta nostra Madre, dono preziosissimo di Gesù, non solo perchè
era la “Prescelta”; “l'Immacolata”, ma sopratutto perchè è
stata “ Beata Colei che ha CREDUTO all'adempimento di ciò che il
Signore le ha detto !”. (Lc 1, 45).